Pagina:Tarchetti - Fosca, 1874.djvu/259

258 amore nell'arte

bile una definizione, ella sfugge ai sensi, al raziocinio, a tutto: si è camminato finora sopra delle ipotesi, si sono stabilite delle norme elementari, si sono creati dei sistemi, dei generi, delle leggi di convenzione, ma nessuno ha ancora potuto comprendere che cosa ella sia, d’onde si è partiti, e fin dove si potrà giungere. I veri artisti hanno sentito tutto il tormento di questa ignoranza e di questa impotenza, hanno compreso quanto fosse grande il contrasto che la vaga idealità di quest’arte formava coll’arido realismo, con cui la natura li aveva condannati a lottare.

«Disperando di trovar pace qui, egli prese a viaggiare; e fu a Firenze che vide la Venere dei Medici, e che lo stesso sentimento che lo aveva fatto invogliare di una fanciulla morta, gli destò nell’anima una passione ancora più ardente, ancora più inesplicabile per quel tipo perfettissimo della bellezza femminile. Lorenzo passò da quell’amore a questo colle stesse esitanze, colle stesse indecisioni di coloro che si sciolgono da un affetto reale. E con questa nuova passione non fece che crearsi nuove origini di sofferenze. Era naturale che egli, sì vigoroso, sì ardente, dotato di un’immaginazione così viva e così feconda, non potesse appagarsi di un amore così sterile e così solitario. Egli aveva voluto lottare colla sua natura, ma indarno.

«Fu anzi quella medesima esuberanza di vitalità che egli si sforzava di trattenere, di accumulare in sè stesso, che guastò in qualche modo il suo organismo, e finì collo spegnere in parte la sua ragione. Il suo cuore, la sua mente, le sue aspirazioni combattevano una lotta perenne coi bisogni della sua vita, colle esigenze aride, materiali, inesorabili della natura. Egli non voleva soccombere anche a prezzo della sua felicità; non voleva concedere nulla al realismo dei sensi e delle passioni.