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254 | amore nell'arte |
due estremi morali, ammirarne queste personificazioni diverse, senza nè amarle, nè odiarle — il segreto dell’amore, che è ad un tempo il segreto della vita universale, rimarrà sempre inviolato dagli uomini.
«Oh! dirti le ore di ebbrezza che io trascorsi al suo fianco, i deliri di quegli abbandoni!... Quel cadavere che mi stava dinanzi ricongiungeva i fili spezzati della mia esistenza, mi rimetteva in pace coll’umanità, con me stesso; riannodava i legami che mi avvincevano all’arte e alla vita. Quante anime non sapranno comprendere la natura di questa passione, giustificare la sua origine, la sua essenza, i suoi fini! Non è vero che le donne sappiano amare; sanno piacere, godere. Spogliatele di quelle attrattive del sesso che vi vedete mascherate dal sentimento — e non vi è più nulla. Ma in Adalgisa queste attrattive erano mute, distrutte — tutto ciò che vi era di ripugnante era sparito, tutto ciò che vi era di dolce era rimasto. Che importava a me che ella non vivesse? Io non aveva mai voluto chiederle del piacere. Nella ricerca affannosa del bello, io non aveva cercato mai che il bello, ancorchè passeggiero, ancorchè inanimato. Fui sempre casto di piena castità che è propria della robustezza; nè io aveva cercato nella personificazione del mio ideale altri attributi che quelli elevatissimi del mio ideale medesimo. E poi vi è qualche cosa di morto in natura? vi è qualche cosa di inanimato intorno a noi, cui non possiamo infondere una parte della nostra anima? Ho sempre sorriso di questa specie di avversione che gli uomini hanno per tutto ciò che non vive: mi sono sempre sentito nel cuore un’esuberanza di spirito sufficiente a infondere la vita a tutti quegli esseri inerti che mi stavano dintorno. Le grandi anime soffrono in mezzo a ciò che si agita e vive; prediligono la solitudine dove possono espandere la propria vitalità.