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istante, poi si curvò, lo raccolse, e fuggì nella sua camera.

Non ricomparve più lungo il giorno. Alla sera la vidi un istante sul balcone, e osservai che aveva gli occhi soffusi di lacrime.

Da quel momento la mia illusione non ebbe più freno. Essa aveva pianto per me, essa aveva accettato in certo modo il cómpito che io le aveva chiesto di consolarmi.

Fui assalito da una smania febbrile di vederla, di sentire la sua voce, di averla vicino a me, di gettarmi a’ suoi piedi, di dirle lacrimando tutta la povera storia della mia vita.

Avessi avuto un oggetto toccato da lei, portato da lei, un suo nastro, un suo abito, avrei passato la notte guardandolo, me ne sarei sentito meno diviso.

Così fu in ogni tempo della mia anima. Passai sempre dall’apatia all’adorazione senza soffermarmi sull’amore. Perchè riposarsi a metà? Perchè non mirare agli ultimi limiti? Le grandi cose sono estreme — le grandi anime adorano o odiano.

Erano cominciate allora le pioggie lente e monotone della primavera; pioveva tutto il giorno, e le finestre del suo balcone erano chiuse. Io la sentiva suonare e cantare sotto di me. Era caso, era divinazione? Essa ripeteva sempre alcune arie che mi erano care, e che mi rammentavano le scene più dolci della mia vita. Non uscivo più di casa per non allontanarmi da lei. Là, in quella stanza, le ero vicino; non la vedevo, ma sapevo di esserle vicino.

E poi, la sentiva!

Le scrivevo tutto il giorno, le scrivevo cose strane, immense, inaudite. Ero spaventato di me medesimo. Spesso la notte balzava dal letto e mi gettava sul pavimento come per tenderle le braccia, come per esserle