Pagina:Tarchetti - Fosca, 1874.djvu/236


amore nell'arte 235

mozione indicibile; era giovane e artista, e aveva destato in tutti gli animi un interesse profondo, una viva ammirazione di me: il mio trionfo era stato felice, ma non era stato meno completo; mi erano stati gettati dei fiori, molte signore si erano tolte dai capelli le loro camelie e le avevano lasciate cadere sul palco: io ne aveva raccolto una parte, quando nell’alzare lo sguardo scorsi Regina che mi gettava colla sua piccola mano coperta dal guanto un ricco mazzo di fiori. Rimasi indicibilmente confuso; accennai appena del capo in atto di ringraziamento, e mi ritrassi stringendomi al seno quel dono.

Quando fui nella mia camera, nell’appressare alle labbra quel mazzo, vi scorsi un piccolo brano di carta arrotolata. Lo svolsi, era un foglietto da taccuino dorato nei margini, su cui ella aveva scritte colla matita queste parole:

«Siete degno del mio amore, e ve ne ringrazio. Vi posso scrivere queste righe perchè sono sola, e posso farlo perchè ho dell’affetto per voi. Voi siete un grande uomo, ma avete la timidità di un fanciullo: venite domani a ringraziarmi di questa lettera.

«Regina.»

Rimasi profondamente impressionato da quella lettera. Non era così che io avrei voluto conoscere di essere riamato; quelle parole non mi rivelavano quell’amore casto, esitante, ritroso, che aveva desiderato di scorgere in lei, che aveva sentito fino allora in me stesso. Non conosceva ancora il linguaggio e gli ardimenti di una passione sensuale, ma ne aveva avuto in quelle parole una intuizione piena e scoraggiante. Cercava un amore puro, quell’amore che tutti gli uomini cercano a vent’anni, e non vi trovava che un amore di progetto, un amore già quasi colpevole nella prima, nella più timida, nella più