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228 | amore nell'arte |
che non fossero le sole rimembranze del nostro passato. Come avviene di tutte le costituzioni irritabili e pronte, egli si era trasformato in un istante: era ritornato fanciullo, aveva folleggiato meco tra i boschi, sugli argini, tra le fresche correnti del fiume; ma ora la meditazione lo aveva richiamato a sè, e la natura aveva ripreso il suo dominio abituale e imperioso.
Gli chiesi che avesse. Egli mi abbracciò con trasporto e mi disse: — Ti narrerò tutto stasera; se tu sapessi quale trasformazione ha subito in questi anni il mio carattere; come tutto mi apparisce disprezzevole e vano; come la mia anima, elevandosi ad investigare il destino umano, e creandosi una vita in sè, è rimasta imponente e isolata nella gran vita che le si agita d’attorno. Speranze, amori, piaceri, tutto si è trasformato per me, tutto si è concretizzato in una sola idea, tutto ha assunto un solo carattere, una sola legge, una sola rivelazione, quella dell’arte. Essa ha resa la mia fibra sì irritabile, la mia immaginazione sì feconda, la mia sensitività sì sofferente e sì viva, il mio orgoglio sì esigente e severo, che io mi trovo collocato quaggiù come in un mondo strano ed inesplicabile, di cui non giungo a percepire nè la natura nè il fine. L’arte mi ha creato un mondo — essa sola — e se io potessi popolarlo colle creature della mia fantasia, dar loro forma e esistenza, vivere con esse e per esse, non avrei più nulla a rimpiangere del mio destino; ma ohimè! nulla esiste quaggiù tranne che l’ideale, e l’ideale è l’ombra, è il fantasma, la parodìa; — la realtà che noi ci affanniamo di raggiungere è oltre la vita.
Egli tacque, ed era mesto; io lo contemplava tacendo; egli rappresentava in quell’istante per me una di quelle creature straordinarie in cui la bellezza fisica e la bellezza morale rivaleggiano, e l’una presta all’altra una