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226 | amore nell'arte |
cominciavano a portare i segni della pubertà, e che in mezzo a noi tutti, egli appariva troppo discorde d’anni e di cuore per rimanersene ancora in quella spensierata società di fanciulli. Ci strinse la mano e ci disse addio — lo avremmo riveduto ne’ suoi boschi, e chi sa... forse lo avremmo anche incontrato in quella vita sconosciuta e svariata che ci rimaneva a percorrere.
Ci separammo con delle lacrime.
Sei anni dopo io aveva compiuto i miei studii, e stava per abbandonare il collegio, quando mi sovvenni di Lorenzo che non aveva più riveduto durante tutto quel tempo, e pensai che egli mi avrebbe abbracciato volentieri, e che separandomi allora da lui avrei dato anche un addio affettuoso, quasi più colmo, più intero, alla mia fanciullezza, a’ miei sogni, a quel mondo sì lusinghiero e sì dolce dal quale stava per dividermi per sempre. Belle colline del Po, dove io non aveva che venti anni, e che attraversai in quell’incantevole mattino di agosto per recarmi alla casa di Lorenzo! Ripasserò io ancora quei colli in un mattino si delizioso come quello? e potrò io ripassarli con venti anni soltanto?
Era lui: seduto presso una siepe di carpino, leggeva ad alta voce Le Vite di Plutarco; mi riconobbe da lontano, si alzò, mi raggiunse e mi gettò le braccia al collo, esclamando: — Mio caro amico, mio caro fanciullo! Fui colpito da questa parola: fanciullo. Era sempre quella superiorità d’anni, d’intelligenza o di cuore che aveva dimostrata nel collegio; ma era una dolce superiorità che non sentiva dell’orgoglio, che non voleva esser tale che per amare e proteggere; era l’espressione di quell’elevatezza morale che tutti gli uomini acquistano più o meno coll’esercizio delle passioni e del dolore.
Allorchè due persone s’incontrano per la prima volta