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224 | amore nell'arte |
Lorenzo era nato in un piccolo villaggio del Piemonte. Suo padre, costruttore e suonatore di organi, era venuto con lui, ancora bambino, a stabilirsi in una grande fattoria, di cui aveva come ereditato, per titolo di parentela, il diritto e i vantaggi dell’amministrazione dall’amministratore defunto. Quel vasto stabilimento era situato sulla riva destra del Po in una posizione incantevole. Lorenzo vi aveva passato la sua infanzia, e non era stato mandato alle scuole che a dodici anni compiuti. Suo padre aveva preferito valersene fino a quell’età per i servigi che poteva prestargli nel suo mestiere; e poichè egli era uno dei più vaghi fanciulli dei dintorni, inorgoglivasi di condurselo seco a tutte le feste dei paesi vicini, ove egli suonava nelle chiese ed ove il suo giovine allievo era incaricato di muovere i mantici degli organi. Ma dopo alcuni anni quest’umile attribuzione era divenuta tediosa a Lorenzo: egli aveva già appreso da suo padre i primi erudimenti della musica, e aveva voluto ribellarsi a quella schiavitù che non lo rendeva che uno strumento dell’arte, che lo condannava a ignorarne per sempre i segreti. Non era artista, ma voleva divenirlo; non ne aveva il genio, ma lo presentiva. Egli aveva conosciuto che doveva in qualche modo dirozzare la propria intelligenza, apprendere a frenare i trasporti della sua natura impetuosa e selvaggia prima di abbandonarsi allo studio dell’armonia, allo studio di un’arte in cui tutto è raccoglimento e pensiero; si era perciò deciso di frequentare le scuole, e fu allora che io lo aveva conosciuto a Valenza.
Pochi fanciulli si erano sviluppati come lui a dodici anni. Lorenzo attraversava il Po a nuoto quando era gonfio, prendeva i nidi delle ghiandaie sulle punte più elevate dei pioppi, raggiungeva le lontre alla corsa, aveva disegni e ardimenti proprii di un’età più matura; onde