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220 | amore nell'arte |
stanze di alcuni avvenimenti che si erano dimenticati da anni. Ma sono scene che l’intelletto illumina ad intervalli, a bagliori; quell’edificio si sfascia ricostruendolo; la memoria evoca e passa, poichè nella lotta che noi combattiamo col dolore non ci schermiamo che dal dolore dell’istante: nessuno potrà lottare ad un tempo colle sofferenze riunite di tutta una vita.
Non vi è mai accaduto di trattenervi in quelle lunghe notti d’inverno a meditare vicino al focolare, e, rimescolando le ceneri già fredde, rinvenirvi un piccolo carbone ancora acceso? Lo avreste veduto brillare in quel momento d’uno splendore vivissimo, ma subito impallidire ed estinguersi al contatto di quella luce a cui si era sottratto per sempre. Così è delle memorie. Esse non si arrestano più d’un istante; esse ricompariscono e fuggono; la loro apparizione è simile, nel mondo immaginario, all’apparizione fantastica dei trapassati: si mostrano e si dileguano, splendono come un baleno nella notte dell’intelligenza e si estinguono. E che cosa sono in fatto le memorie se non le reliquie della nostra vita morale, le sue salme, i suoi morti? È strano come la maggior parte degli uomini consideri la vita come un avvenimento continuato, e non s’avveda come noi moriamo ogni giorno, come seppelliamo ogni sera una parte di noi, anzi la nostra intera esistenza morale, poichè la sola vita fisica costituisce, nella sua decadenza progressiva, un fatto isolato e compiuto. E quante vite non abbiamo noi sepolte prima di morire! su quante care esistenze di un giorno non dobbiamo noi piangere! speranze, affetti, piaceri, nobili aspirazioni alla virtù, ebbrezze ineffabili dell’amore... a trent’anni la vita non è più che un immenso cimitero, sulle cui tombe noi veniamo a lamentare le gioie dell’esistenza che ci è sfuggita, e l’aridità dell’esistenza che ci rimane. — Dolci e serene memorie del-