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orrore mi aveva colpito in quell'istante; la malattia di Fosca si era trasfusa in me: io aveva conseguito in quel momento la triste eredità del mio fallo e del mio amore.


L.


Dopo quel giorno tutto è oscurità nelle mie memorie; io non appresi che più tardi gli ultimi dettagli di questa tragedia domestica. La morte di Fosca, l'arrivo di mia madre, il ritorno al mio paese natale sono tutti avvenimenti di cui non ho serbato altra ricordanza che quella oscura e confusa di un sogno. Mi sembra talora che tali fatti sieno avvenuti in un'epoca assai remota della mia vita, tale che non può neppure essere circoscritta entro il limite degli anni che ho già vissuto; e sarei tentato di negare fede all'esistenza di questo passato angoscioso, se le traccie che esso ha lasciato nel mio cuore non fossero troppo palesi e troppo profonde.

Soltanto quattro mesi dopo la catastrofe che ho raccontato, una lettera del dottore mi recava le ultime notizie di quei fatti.

«Non vi ho scritto prima perché sapeva che la vostra malattia vi avrebbe impedito di rispondermi, e forse anche di apprendere il contenuto della mia lettera. Sento che vi siete pressoché ristabilito, e che i vostri accessi nervosi sono anche più miti, e più rari. Il vostro medico vi avrà certo assicurato che ne guarirete, io ne impegno la mia parola; questi accessi non hanno alcun carattere epilettico, la vostra debolezza li alimenta, la forza che riacquisterete guarendo li farà cessare. Viaggiate, divagatevi.