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che si ribellavano a quell'amplesso. L'immaginazione raddoppiò il mio ribrezzo: ricercai sotto quella veste, sotto quei nastri il suo corpo… Ed avrei io?... Mio Dio! Mio Dio!

Oh! Clara, Clara, perché hai tu ucciso il mio cuore? perché non posso riconfortarmi del tuo pensiero, della tua memoria? perché mi hai lasciato solo colle mie paure, coi miei vaneggiamenti? perché hai tu posto la maledizione sulle mie labbra che non conoscevano che l'amore?

All'improvviso Fosca tacque, si sollevò, mi guardò in volto e sorrise.

— Sono pazza! mi disse: sono pazza! Il mio cuore trabocca di piacere, ed io piango come una sventurata.

Andò con passo fermo verso la lampada, la prese e la collocò dinanzi ad uno specchio. Si guardò, gettò indietro con un moto energico della testa il lusso dei suoi capelli nerissimi, e ritornò a me col volto rasserenato.

— Sono brutta, mi disse con calma; le lagrime sono un falso ornamento.

— Non è vero, le risposi tanto per liberarmi dal peso del mio silenzio.

Tentennò il capo.

— A quindici anni le lagrime, a trenta i sorrisi.

Poi con una specie di civetteria che contrastava stranamente colla sua natura, si accostò alla toletta, si lavò la faccia, arruffò bizzarramente i capelli, e ritornò a me lieta, voluttuosa, tutta profumi, sorrisi e desideri.

— T'amo, mi disse, e si sedette sulle mie ginocchia, incrociando le mani sul mio capo.

Pareva così felice, così riconoscente, così carezzevole, che se anche il proposito non avesse prevenuto il mio cuore, egli si sarebbe arreso per un senso irresistibile di pietà. Quella donna mi amava!