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nosco sì mutato, mi sarei lasciato vincere a tal punto dalle mie passioni? Ed esistono passioni sì indomabili nel mio carattere? — È uno spaventoso problema che non giungerò forse mai a decifrare. La incertezza della mia responsabilità è il segreto delle mie torture; per essa io sarò infelice tutta la vita. Che se pure io potessi allontanare da me questa responsabilità orrenda, cesserei per questo di essere la causa di quelle sciagure? La mano che colpisce nel delirio, che uccide nell’impeto della passione, è perciò meno la mano ha colpito, che ha ucciso? Io ho perduto anche il conforto disperato che mi veniva da quel dubbio; io sento la mia coscienza fremere e ripiegarsi sotto il peso di questo convincimento terribile.


XLVIII.

Suonava la mezzanotte quando io entrai nella camera di Fosca.

Ella era inginocchiata a piedi del letto, colla testa appoggiata ad una seggiola, in attitudine di preghiera. Non mi udì e non si volse; io mi tenni ritto sulla soglia, immobile, combattuto da mille dubbi, da mille paure, col cuore soffocato dall’angoscia. Girai l’occhio intorno a me, e contemplai con un senso di raccapriccio tutti quegli oggetti che mi ricordavano tanta parte del mio cuore. Colà io aveva vegliato un’intera notte al suo fianco, su quella sedia aveva evocato le dolci memorie di Clara, al fioco barlume di quella lampada aveva accarezzato le lusinghiere promesse d’un avvenire ampio e sereno. Ed ora!...

Mossi un passo verso Fosca. Ella rivolse il capo con