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198 | fosca |
provocato, ma io sono l’offeso. Voi solo sapete fino a che punto mi avete offeso. Abborro questi duelli ridicoli che finiscono con una scalfittura. È necessario che ci battiamo fino a che uno di noi rimanga sul terreno.
— Sia, io dissi senza sollevare gli occhi, ho bisogno di uccidere un uomo.
Il mio avversario e il dottore mi guardavano meravigliati.
— Saprete però, continuò il colonnello, che ciascuno di noi arrischia ad un tempo la sua posizione. La disparità dei nostri gradi ci vieta di batterci. Bisognerebbe che io o voi ci dimettessimo.
— Mi dimetterò io, dissi.
— Non vorrei però...
— Non potete impedirmi di dimettermi, replicai con calma.
— Come volete.
Mi curvai sul tavolo, scrissi la domanda della mia dimissione, e gliela porsi.
— Restano a stabilirsi l’ora e le condizioni del duello, diss’egli, è troppo tardi perchè possiamo affidarne l’incarico ai nostri secondi. Se non avete nulla ad opporre, ci accorderemo noi stessi a questo riguardo; il dottore ne sarà testimonio.
Io non risposi.
— Ci troveremo domattina alle otto, dietro gli spalti del castello. Provvederò io le armi. Non avete osservazioni a fare?
— Nessuna.
— Allora non v’è altro punto a discutere. Conto sulla vostra parola. Ci rivedremo.
E fece atto di uscire. Quando fu presso la soglia dell’uscio tornò indietro, e mi disse con voce più calma:
— Qualunque sieno i nostri rapporti attuali, devo richiedervi d’un favore che i vostri sentimenti di gentil-