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18 | fosca |
— si sarebbe detto che avessero trovato lassù dove posarsi. Il loro gorgheggio aveva qualcosa di affettuosamente intimo, pareva una serie di domande e di risposte; ed era sì melodioso, sì calmo, sì limpido che mi ricordo d’averlo udito ancora ad una grande distanza dal luogo ove l’aveva sentito la prima volta. Certo perchè calmo e limpido, non perchè vigoroso. Vi è uno strano mistero di luce in quel canto. Il mio orecchio poteva forse udirlo per la stessa ragione che il nostro occhio discerne il letto algoso di un lago attraverso le sue acque alte e tranquille, e non vede quello del torrente, le cui onde basse ed impetuose, ma torbide, scorrono con impeto al mare.
Aveva anche raccolto lungo la strada un mazzetto di tussilaggini gialle — gli unici fiori che abbelliscono quei vigneti sterili e desolati — e lo conservo tuttora nella mia scatola dei fiori disseccati.
Ho segnato tutti i periodi solenni della mia vita con dei fiori. Ne conservo una quantità di mazzetti che sono come le pietre miliari del cammino percorso nella mia esistenza, e li porto meco come l’unico tesoro che io possiedo al mondo.
Ho sempre sentito una specie di rispetto per queste piccole e fragili creature di un giorno, anche una specie di fede.
Un anno a Milano, in un’ora di profondo sconforto, una donna che passeggiava meco al mio fianco tenendo in mano una rosa, mi precedette di alcuni passi, e sfogliandola, e gettandone i petali dinanzi a me, mi disse scherzosamente: «Spargo dei fiori sul vostro cammino.» All’indomani un avvenimento inatteso mi restituiva la gioia e la pace.
Allorchè giunsi in quella città, io non aveva nè progetti, nè idee, nè speranze di giorni migliori. Vi era ve-