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fosca | 183 |
pisco, ma in questo giorno sento anch’io il bisogno di vedermi circondato da’ miei amici. Il Natale è la più bella festa dell’anno. Io non sono nè turco, nè cattolico — sono semplicemente un galantuomo — ma alcune delle feste cristiane mi piacciono, mi vanno a sangue, armonizzano colle mie convinzioni; io ci vedo dentro un significato profondo, che le apparenze ci nascondono. La religione ne è un pretesto. Che credete? Non è già la nascita di Cristo che noi festeggiamo oggi; noi festeggiamo la famiglia, le gioie della vita domestica, il focolare. Se questa festa si celebrasse in agosto non avrebbe più una metà della sua importanza; è in questa stagione che sentiamo il bisogno di vederci riuniti. Ecco la casa, il camino, il ceppo tradizionale, la tavola apparecchiata. Peccato che non nevichi! Tempo fa, ho passato questo giorno sulle montagne, in una casetta sepolta tra le valanghe, coi lupi alla porta. Quello fu un vero Natale! E stasera rimarrete con noi? Faremo una piccola cena.
— Volontieri, io dissi, è una festa a cui ho legato anch’io delle memorie.
— Ah! continuò il colonnello mentre ci mettevamo a tavola, chi è che non vi ha legato delle memorie? Le più belle rimembranze della famiglia fanno capo a questo giorno. Volete ricordarvi delle ore più gioconde della vostra fanciullezza, delle persone che avete amato di più, dei vostri genitori, dei vostri fratelli? Bisogna che pensiate al Natale, alla casa dove siete nati, alla stanza dove potevate raccogliervi, alla fiamma del caminetto, alla notte vegliata cicalando...
— E alle gozzoviglie... interruppe uno dei commensali.
— Sia come volete, continuò il colonnello, anche alle gozzoviglie. Male per voi se in questo tacchino coi tartufi non vedete altro che un tacchino coi tartufi. Io ci