Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
178 | fosca |
qui, soli, contenti, ma non più contento come un tempo… Mi amerebbe ella meno? No, ella sembra amarmi soltanto più seriamente. Temo d’aver indovinato il segreto terribile che ella si strugge di nascondermi. Clara non è felice.
«Perchè ha pianto ieri sera nel lasciarmi? ella che non ha pianto mai? Ella sapeva pure che mi avrebbe riabbracciato oggi. Non aveva mai assaporato delle lacrime; ne ho bevuta una delle sue. Come sono amare!
«Penso quasi con dispetto, quasi con ira alla strana conformità che la fortuna ha posto tra alcune scene di questi miei due amori così diversi. Che raffronti! che analogia in queste antitesi! Oggi abbiamo passato quattro ore in campagna, sulla neve, in mezzo al fango, come le passai ieri l’altro con Fosca. Clara ha voluto rivedere il nostro tabernacolo, i nostri prati, i nostri alberi, i nostri ruscelli. Ho tentato inutilmente di distorgliela da questo progetto, ho dovuto accompagnarvela. In questa stagione! Non mi dimenticherò mai, mai, di questa passeggiata!
«Perchè ella ha detto che voleva tentare di ritrovarvi sè stessa? Mi ritorna ora in mente questa frase oscura e angosciosa.
«Siamo saliti in una carrozza ove eravamo già stati assieme una volta nei primi tempi del nostro amore. Clara l’ha riconosciuta. V’era ancora nella tappezzeria della vettura un G che ella vi aveva inciso allora con tanti trafori di spillo. Siamo discesi fuori della città dalla parte di Morivione. Siamo stati fino a Vaiano, abbiamo attraversato i prati correndo. Clara ha voluto entrare nella chiesa, e si è inginocchiata un momento per pregarvi. Non vi era dentro anima viva. Che solennità nelle chiese deserte!
«Abbiamo bevuto latte in una di quelle catapecchie