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fosca 175

— E così? mi diss’egli sedendosi, eccovi già di ritorno. Non avrei creduto di rivedervi sì presto. Avete avuto paura? Vi siete lasciato ricondurre come un agnello.

— Voi conoscete quella donna, risposi io, non crederete certo che avrei potuto contenermi diversamente.

— Lo so, ma la cosa per se stessa è assai singolare; non vi offendete se ne ho sorriso mio malgrado. Immagino almeno che questo vostro recarvi a Milano per due giorni non sia che un pretesto, e che la vostra partenza sarà decisiva.

— No, ho promesso di ritornare.

— Bisogna dimenticarsene.

— Ne ho impegnato la mia parola d’onore.

— Male. Bisognerebbe dimenticarsi anche di questa.

— Non è possibile.

— Come volete. Non voglio esporvi qui le mie teorie sull’onore, ma mi limito a farvi una domanda: «Che cosa intendete di fare?».

— Ciò che è oramai inevitabile. Ritornare, giustificare con un pretesto qualunque la mia rinuncia alla licenza, e rimanere presso di lei fino a che non vedrò la possibilità di fare diversamente.

— Datemi il vostro polso — diss’egli; e corrugò la fronte tastandolo. — La vostra tosse è diminuita?

— Accresciuta.

— Dormite?

— Poco.

— Agitato?

— Estremamente.

— Fate cattivi sogni?

— Orribili.

— Fra due giorni sarete traslocato a Milano, diss’egli tranquillamente. State assai male; avete bisogno di cambiar aria; questa atmosfera vi uccide.