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Quivi si sedette dirimpetto a me; volle tenere tutte e due le mie mani tra le sue, avvicinare il suo viso al mio, baciarmi di quando in quando come fossimo stati soli. Più ella era sofferente, più era affettuosa; lo spavento, l'agitazione, le lotte di quella mattina l'avevano sfinita; non aveva quasi più coscienza della nostra situazione, e si abbandonava a me senza ritegno.

Chi eravamo noi? Quali rapporti correvano tra quei due esseri sì diversi? Quella donna sì mostruosa, sì spaventevole, sì malata, poteva essere l'amante di quell'uomo? Tali erano le domande che io leggeva negli sguardi attoniti dei nostri compagni di viaggio.

Mi ricorderò per tutta la vita di quel giorno!

Alla sera mi sentii un poco rassicurato nel ricevere questo biglietto del dottore:

«Ho saputo da lei quanto è successo oggi, e vi scrivo per incarico suo; state tranquillo, la cosa non ebbe alcuna conseguenza, suo cugino ignora tutto. Sento che intendete di ripartire domani, e che avete promesso ritornare fra due giorni. Verrò domattina a parlarvi e a consigliarvi in proposito».

Ma quali altri consigli poteva egli darmi in quel caso?


XLI.



Pochi minuti prima che io partissi, il medico venne infatti a trovarmi. Entrò nella stanza sorridente con aria di voler far le beffe della mia sconfitta; e mi sarei offeso di questo contegno, se non l’avessi saputo sinceramente interessato ai miei casi, e non fossi stato certo che egli era appunto venuto da me per suggerirmi qualche altro rimedio.