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— Che cosa avete risolto di fare? mi chiese una volta il medico.

— Lo sapete, nulla, non ho la forza di prendere alcuna risoluzione.

— E pure converrà che vi decidiate.

— A che?

— A ciò che vi parrà meglio. Io vi dirò ora più esattamente quale è la vostra situazione, quale quella di lei. Voi saprete trovarvi il vostro tornaconto.

— Spiegatevi, la mia situazione?

— È assai più triste di quanto non lo crediate. Suppongo che in questo amore vi sia stato finora nulla di colpevole, anzi ne sono certo.

— Nulla, nulla, io dissi.

— Non mi nasconderete però che avete incominciato a temere della sua virtù, non meno che della vostra debolezza.

— Mi pare anzi di avervene parlato.

— E a temerne molto.

— Moltissimo, le circostanze...

— Sì, sono le circostanze, riprese egli, che creano per ciascun di voi un pericolo di cui ignorate tutta l’estensione. Se io non ve n’ho parlato prima, è perchè sapeva che ciò allora era inutile; la difficoltà di vedervi liberamente era una guarentigia della vostra virtù; per voi lo era la sua sola bruttezza. Allora io ne poteva esser sicuro — lo fui anche finchè avete tenuto il letto — ma oggi è un’altra cosa. Conosco la sua malattia, giacchè non si tratta che di una malattia, e so che ella potrebbe abusare della vostra accondiscendenza. Guardatevene. È necessario che io vi faccia una rivelazione.

— Voi mi tenete in grande ansietà.

— Sappiate che l’amore sarebbe fatale a quella donna; un errore l’ucciderebbe. La sua sensibilità è sì profonda,