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156 | fosca |
sono una preghiera. Quanti onesti credono di essere atei perchè sono infelici! La loro infelicità sembra volerli allontanare dal cielo, e non sanno di essere i più credenti degli uomini! Può la bontà non essere credente?
— Ciò è vero, diss’ella. Oh se potessi credere ancora! Ma per te crederò, sai, pregherò ancora per te. Sarò esaudita lo stesso. Stasera dirò le mie vecchie orazioni, le dirò sempre, tutti i giorni; domani andrò in una chiesa per pregarvi e per piangervi.
Mi fece passare una mano sotto il capo, volse il mio viso verso il suo; mi guardò e mi sorrise cogli occhi bagnati di lacrime.
— Come sei bello così malato, mi disse, se tu non soffrissi vorrei vederti sempre così. Farei patto di passare tutta la mia vita in questo modo, vicino al tuo letto a guardarti.
Mi arruffò i capelli con le mani, li fece cadere a ciocche da un lato e dall’altro del guanciale, si alzò, prese uno specchietto e mi disse:
— Guardati.
Io mi guardai e sorrisi. Baciò lo specchio, lo ripose, e tornò a sedersi.
— Ora, diss’ella; me ne andrò; mio cugino era uscito, e non sarà tornato ancora; se lo sapesse!… Ebbene, se lo sapesse!
Ma che monta? riprese crollando il capo e riabbracciandomi, io ti adoro, Giorgio, io ti adoro. Che m’importerebbe il perdere la mia pace, la mia fama, il rendermi anche ridicola, quando ciò fosse per te? Ove è il tuo male? Nella testa, nel cuore?
— Nell’uno e nell’altro, più nel cuore.
— Anche il mio è lì, vedi. Mi sento una pena, un fuoco, una quantità di sangue... Ti parrà strano che io tanto consunta soffra di troppo sangue, e pure è così.