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era riuscito a trovarmi solo un istante, ed era fuggito in quel luogo quasi a nascondermivi. Era assetato di pace e di solitudine. In quel giorno Fosca era stata intollerabile, mi era divenuta odiosa. Durante il viaggio, durante la colazione, durante le nostre passeggiate nel giardino, non mi s’era tolta dal fianco un istante. Suo cugino aveva preso un fucile ed era andato a sparare ai colombi; ella mi aveva condotto sotto un albero, mi aveva fatto sedere vicino a lei, e m’aveva parlato del suo amore sì a lungo e sì calorosamente, che n’aveva l’anima piena di disperazione e di tedio. Non sentiva più alcuna pietà per essa, perchè mi pareva di meritarne di più io medesimo.

Aveva ora approfittato di un momento in cui ella aveva dovuto allontanarsi, per fuggire e per andarmi a sedere sulla riva di quel torrente.

Da quanto tempo non m’era trovato più solo in campagna, e non aveva più inteso la voce soave della natura! Era un luogo orribilmente incantevole; il suolo a roccie, a borri, a dirupi, ad avvallamenti; il torrente scorreva nel fondo di una forra in un letto di selci terse e bianchissime; querce e castagni secolari sporgevano da una riva e dall’altra le loro braccia che si intrecciavano; il sole vicino a declinare gettava sulla superficie dell’acqua alcuni raggi che sembravano convertirla in tante lame d’oro e d’argento. Di quando in quando uno sbuffo di rovaio faceva cadere una pioggia di foglie che l’acqua travolgeva nei suoi vortici, o spingeva verso la riva; il terreno era fiorito di ciclamini, di pratelline, di viole; una pispola cantava sopra il mio capo; io guardava e sognava.

Era là, seduto da un’ora, allorchè alzando gli occhi verso la sommità del burrone, vidi Fosca che stava seduta guardandomi. Io la vidi e non mi mossi. Ella si