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reva più quella. Non che mi amasse di meno, ma non era più lieta come prima, non mi sembrava più felice. E perché si affannava adesso ad accertarmi del suo amore, a giurarmi che mi amava, a chiedermi se il suo affetto era tutta la mia vita e la mia felicità?

Ohimè! Io dubitavo. Io conosceva assai bene il cuore degli uomini. Quando l'amore se ne va, allora si sente il bisogno di affermarlo. Noi siamo più costanti della natura, più fedeli, più coscienziosi; noi vorremmo trattenere questo amore che la natura ci invola, ma è indarno. Come, come amare ancora quando l'amore se n'è andato, quando il nostro cuore è rimasto deserto, e l'oggetto delle nostre affezioni non ha più un'attrattiva per noi? Noi possiamo piangere su questa fralezza dell'amore, ma non possiamo arrestarlo: egli abbandona i cuori che vi hanno troppo creduto.

Io non sospettava che Clara avesse cessato di amarmi, no; questo sospetto mi avrebbe ucciso (almeno allora lo credeva), ma mi sentiva nell'anima mia qualche cosa di simile al presagio di una sventura lontana; mi pareva che avrei dovuto perderla, e l'amava di più. Cosa portentosa, incomprensibile a me stesso; l'amava più ancora di prima, oltre quella misura che aveva giudicata estrema, più di quanto aveva creduto compatibile colla nostra natura mortale.

Tale sono stato in ogni tempo. Il pericolo non ha mai smentita quella fede che aveva riposta negli esseri e nelle cose che mi erano care. No, non li ho mai abbandonati. Allorché io li ho veduti sfuggirmi, mi sono avvinghiato ad essi per gettarmi insieme nell'abisso, per precipitare in una rovina comune.

Pensava a queste cose seduto sulla riva di un torrente, poco lungi dalla fattoria, dove era venuto insieme col colonnello e con Fosca. Dopo tante ore di persecuzione,