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goglisce, il sentimento della mia freddezza — perchè il mio cuore è freddo, terribilmente freddo.

Spero e pur temo dimenticare. Una notte triste ed oscura ha incominciato a distendersi sul mio passato.

Le onde che la virtù del sole aveva sollevate e convertite in belle nubi d’oro, ricadono in pioggia attraversando le fredde latitudini dell’aria, ricadono come lagrime della natura.

Quando il fuoco della gioventù si è spento, svanisce a poco a poco anche il tepore delle ceneri; esse rimangono là ad attestare dove la fiamma ha un giorno avvampato, fino a che il soffio gelato del tempo non viene anch’esso a disperderle.


II.


Sarebbe inutile riandare sugli anni che hanno preceduto gli avvenimenti che sto per raccontare. Io non voglio afferrare che un punto della mia vita, non voglio metterne in luce che un istante. Chi oserebbe affacciarsi allo spettacolo intero della sua esistenza, spiare nelle sue pieghe tenebrose, e ritesserne tutta la storia?

La mia gioventù trascorse piena, ricca, feconda. La fortuna, a dir vero, non m’era stata assai prodiga dei suoi favori; ma che cale alla gioventù della fortuna? Quella è l’età della forza, del coraggio, della baldanza; è allora che si raccolgono a piene mani i frutti che maturano nel giardino della vita, che si accosta alle labbra la coppa inebbriante della felicità: a quell’età si fruisce di un bene che non si conosce e non si esperimenta mai più nell’avvenire, mai più — la mite e affettuosa indulgenza degli uomini.