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stanze in cui io l’ho superata; non so se vi sarebbero sopravvissuti.

Esprimo questo dubbio, perchè mi avvenne spesso di chiedere a me medesimo: «Come, in che guisa vi sono io sopravvissuto?»

Sento nondimeno che qualche cosa si è guastato nella mia testa: io non ho più cognizione di tempo, non ho più ordine nelle mie idee, non ho più lucidità nelle mie memorie. Questi cinque anni sono passati come un istante e come un’eternità, inosservati, oscuri, senza suddivisioni di giorni e di epoche. Quelle feste, quegli anniversari che formavano le gioie più pure della mia vita quand’era fanciullo, sono essi ritornati ogni anno? E come non li ho avvertiti? Cosa ho fatto in questo lungo spazio di tempo? Perchè non ho più amato?...

Non so più pensare, non so più fermarmi lungamente sopra un’idea, non vedo più le linee che separano il vero dal paradossale. Tutto mi sembra ora logico, naturale, possibile. Tutti i miei pensieri si urtano, si confondono, si perdono in un vortice che turbina incessantemente nella mia testa. È là che tutto va a finire. Sento che la coscienza di me si è confusa. Quando avrò scritto la storia di questo amore, dovrei scrivere ancora quella dei cinque anni che vi sono succeduti; sarebbe una storia terribile. Dovrei scriverne un’altra più terribile ancora; sarebbe la storia delle mie visioni, il racconto dei sogni che hanno popolato le mie notti durante quel tempo.

Radunerò qui i documenti, le lettere, le note che ho conservato. Ricostruirò questo edificio colle sue stesse rovine.

Ora sono ben calmo e tranquillo; ora che ho incominciato a non diffidare più di me medesimo. La mia indifferenza mi assicura che le sorgenti del mio entusiasmo sono esaurite. Una cosa mi conforta e mi inor-