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già da parecchi giorni al gabinetto di lettura; parlò con entusiasmo del suo ingegno, accennò alle persecuzioni politiche che lo avevano costretto ad emigrare, e aggiunse che si sarebbe forse trattenuto più mesi nella nostra città, e ci avrebbe onorato alcuna volta delle sue visite. Come seppi più tardi, egli era stato ragguagliato da mio cugino intorno al mio carattere, alla mia posizione e alla mia fortuna, cosa che per altro non aveva fatto nascere in me alcun sospetto sulla lealtà della sua condotta. Egli era sì spiritoso e sì amabile, che i miei parenti ne furono presto entusiasti; mio cugino ed i suoi amici non potevano più far a meno di lui, e lo sollecitavano a venire in nostra casa tutte le sere. In capo a pochi giorni noi avevamo preso a considerarlo come una persona della nostra famiglia.

«È assai difficile che io possa farti una pittura esatta del suo carattere; mi giovo di questa parola «carattere», perché è quella che risponde meglio al mio concetto, non già che egli ne avesse uno. Non aveva alcun principio, non aveva alcuna opinione; si piegava subito ai princìpi e alle opinioni degli altri, qualunque esse fossero; e con tal calore e con tale accortezza, che nessuno lo avrebbe creduto non sincero: passava dall’uno all’altro estremo colla stessa facilità, e colla stessa apparenza di convinzioni. Era cattivo per indole, qualche volta arrendevole e buono per debolezza. Non aveva idea di dignità personale, non si curava che di simularla e di parerne estremamente geloso. Qualunque bassezza non gli sarebbe sembrata umiliante; qualunque ostacolo mortale non lo avrebbe distolto dal compiere un’azione proficua a’ suoi interessi. Era incapace di sentire uno scrupolo. Tutta la sua condotta non era subordinata che ad una cosa sola, al codice; egli aveva commesso di turpe tutto ciò che è possibile commettere senza venir colpiti dalla legge —