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mente ingenue, stranamente buone. Si erano fatti all’amore diciassette anni prima di sposarsi; erano vecchi tutti e due, e non avevano avuto altri figli. Questo nome di Fosca che a te sarà parso assai singolare, è comunissimo in quella provincia delle Romagne dove son nata, e me l’avevano dato perché era stato quello d’una bisavola che non ho conosciuto.

«L’affetto che mia madre aveva per me la rendeva sì cieca a’ miei difetti, che l’educazione che ella mi diede fu affatto impotente a correggermene. La sua illusione più costante, quella che non si smentì mai, nemmeno dopo che le malattie m’ebbero deformata come tu vedi, era che io fossi bellissima. Parlava di me alle sue amiche come di un prodigio di avvenenza, e si spaventava dei pericoli che circondavano la mia bellezza. La verità era che le attrattive della gioventù supplivano in parte al difetto di quelle della natura; non ero né brutta, né spiacevole, ma non ero bella; e fu la convinzione che ella aveva infuso a me fino da piccina, che mi rese doppiamente terribile il dovermi ricredere di un errore così dolce.

«Tu non sai cosa voglia dire per una donna non essere bella. Per noi la bellezza è tutto. Non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l’esistenza di una donna brutta diventa la più terribile, la più angosciosa di tutte le torture. Nella vita dell’uomo non vi è miseria paragonabile a questa. L’uomo, ancorché deforme, ancorché non amato, ha mille divagazioni, ha mille compensi; la società gli è indulgente; non potendo mirare all’amore, egli mira all’ambizione; ha uno scopo; ma la donna non può mai uscire dalla via che le hanno tracciato il suo cuore e la sua vanità, non può tendere ad altro fine che a quello di piacere e di essere amata. Non vi è che la