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Allora, strana cosa! non aveva simpatia che per uomini molto attempati. Benchè giunta all’epoca della pubertà, non era più sviluppata di quanto lo sia una fanciulla robusta di dieci anni: egli mi trattava come una bambina, e mi faceva spesso ballare sulle sue ginocchia; le sue carezze e i suoi baci, ogni suo atto di famigliarità, mi cagionava un turbamento dolce e incomprensibile.

«L’amava alla follia, benchè non comprendessi nulla della natura di questo sentimento, e avessi quasi paura di lui. Era un uomo alto, serio, con una gran barba nera: ora che ci penso non so come a quell’età avessi potuto innamorarmi di un tal uomo, pure fu una passione quasi decisiva per la mia vita. Ebbi il coraggio di scrivergli una lunga lettera che egli mostrò a’ miei parenti. Mio padre rise, ma mia madre ci vide dentro il germe di una passione seria, e lo pregò a non venir più in nostra casa. Nell’uscire, egli m’incontrò sull’uscio, mi prese pel mento e mi disse: «Mia cara piccina, vorreste incominciare troppo male e troppo per tempo; non avete avuto paura de’ miei quarant’anni? Se mia moglie avesse veduto la vostra lettera, vi avrebbe mandato a regalare un bel pulcinella». Mi strinse una guancia tra le dita, ed uscì sorridendo.

«Mi ammalai di dolore e di vergogna: vissi per due anni malaticcia, pensierosa, raccolta, appassionata della solitudine e dei libri. In quel periodo di raccoglimento mi formai l’intelletto ed il cuore; vi era entrata fanciulla, e ne uscii donna.

«Ma sono già assai stanca, mio caro Giorgio, proseguirò domani. Addio, addio.»

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«Ove sono rimasta? Eccomi a riprendere.

«Mio padre e mia madre mi adoravano, e si adoravano. Erano due creature stranamente ingenue, strana-