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fosca 99

— È alta?

— Come te.

— Come si chiama?

— Clara.

— Ebbi un’amica di collegio che si chiamava così. È morta a quattordici anni. Era una bella fanciulla, col naso aquilino, bruna, rideva sempre... È bruna anch’essa?

— Sì...

— Ha i capelli come i miei?

— Dello stesso colore.

— Tanti così?

— Non so.

— Guarda le mie trecce, diss’ella sciogliendosi i nastri di una cuffietta che ne teneva riunite due dietro la testa, e gettandole giù pel letto con aria di trionfo.

— Ti piacciono?

— Sono meravigliose — diss’io, prendendone una tra le mani.

E lo erano realmente.

Ella sorrise con aria vanitosa, lieta di quella specie di superiorità che era quasi certa di avere su Clara, e disse:

— Te ne voglio dar una. Strappala.

— Strapparla!

— Sì, strappala, strappala, tira — diss’ella con calore agitandosi.

— Ma è impossibile. E poi ciò ti ucciderebbe… in questo momento.

— Ebbene, strappami un capello, uno soltanto, ciò non mi farà male.

— Ma...

— Via, è un capriccio, — diss’ella — accontentami.

Ne strappai uno che mi avvolsi attorno al dito.