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xx i. u. tarchetti.

ed il Memento ed i versi ad una rondine. Sono nebbie e raggi di sole, cieli azzurri ed orizzonti grigiastri, praterie verdi, vivide riscintillanti e distese di arene vacue, calve, deserte; son ruggiti di lioni e gorgheggi di rosignuoli, salti di scoiattolo e voli di mosca, occhio che piange e labbro che sorride, un ricercarsi, un assimilarsi, un fondersi di contradittori, di opposti, di contrarï. Bello e brutto, grottesco e simmetria, forza e materia, l’ala del genio ed il cervello del cretino, tutta la vita, tutta la natura, come desse sono nella invitta e potente manifestazione delle proprie forme senza mende, senza raccorciature, senza sottintesi, senza menzogne. E questo assiduo muoversi, questo continuo agitarsi, questa eterna e baliosa giovinezza di tutto l’essere à le sue frasi varie, à le sue parole diverse non uniformi, non gelide, non fossili ma vive sempre e dalle cento facce, dalle mille pose, dalle infinite parvenze. — Ci fu chi osservò al Tarchetti che egli non sapeva scri-