Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
xviii | i. u. tarchetti. |
massimo di quel libro, sarei quasi per dire, sta nell’essere molto sentito ed assai poco pensato.
Ma anco egli il melanconico e disdegnoso Ugo alcuna volta sorrise, e in quei momenti rapidi come baleno, dettò delle pagine, per le quali nutriva desiderio di rallegrare coloro che le avrebbero lette. Ma credetemi non fu che un leggiero mutamento di forme. In diversa cadenza ei modulò la elegia del dolore che gli cantava così frequentemente nell’anima.
Il cuore di Tarchetti rimase sempre lo stesso anche quando egli pose sul viso la maschera e vestì l’abito del gioviale. Sotto a quella maschera composta a sorriso era la faccia pallida di un mortificato della fortuna, sotto a quelle vesti batteva il cuore del martoriato che si spense sì presto.
Ci fu taluno, il quale disse che al Tarchetti piaceva di soverchio il dipingere il brutto ed il