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xii | i. u. tarchetti. |
brutalità, le quali non riescono mai a beneficio di tutto il genere umano, sì bene sempre ad utile e guadagno di pochi e molte molte volte di un solo.
Che il tener gente sempre in arme e guardinga è pruova di corruzione, di vizio, di paura; perchè non è già potente e temuto un popolo, che si appoggia alle baionette; ma un popolo che sappia che cosa valgano docoro e virtù con coscienza del proprio onore e del proprio diritto.
Che la permanenza degli eserciti è un errore, un male, una colpa, un cancro che divora gli averi, la vita e, quello che è più prezioso, la libertà.
E Tarchetti non ebbe a fare altro che ricordare e, rannodando le proprie memorie, scrisse i Drammi della vita militare, i quali non sono che la storia degli anni da lui vissuti respirando l’aria malsana di una caserma. Quel libro improntato di una peregrina origi-