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capitolo iii. 25


O fatalità delle unioni conjugali di questa vita! Nulla v’è da maravigliarsi di ciò che tu operi.1

Il nostro Sachicci era appunto di pochi giorni arrivato in Nara, e stando ad albergo in via Crocicchio del Prato,2 vide naturalmente la sonatrice d’arpa. La vide e se ne invaghì.

Con l’intramessa di qualcuno si procurò dei ragguagli sul conto di lei, e venne a risapere che la giovane si chiamava Misávo,3

  1. Il Buddismo insegna che i matrimonii sono predestinati secondo i meriti o demeriti, le affinità e le attenenze avute in vite antecedenti.
  2. Intende probabilmente il prato dove era stata costruita la bottega posticcia da tè.
  3. Nome corrispondente al nostro Modesta.