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capitolo i. 9

viene alla solitudine di questo luogo.»

Nonostante tale spiegazione, il samurai, digiuno com’era d’arte poetica, sia che non intendesse bene il discorso, o che sbadatamente lo avesse udito, con eguale spensieratezza soggiunse: «Di qui al luogo dove sta quell’uccello, saranno trenta canne a un bel circa.»

Sentendo queste parole, e non approvandole, un altro samurai del séguito replicò: «Che mai! Quello che chiamano scighi è un animaletto del genere delle quaglie, e per poterlo vedere a questa luce che fa ora, non dovrebbe stare a più d’una ventina di canne.»

Il primo samurai scosse il capo e riprese: «Lo starsene là fermissimo, senza lasciarsi spaventare dalla voce alta di tanta gente, vi