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capitolo i. 5

d’Oíso, che di recente avea fatto rimettere a nuovo: e quivi dopo tutto un giorno passato a diporto, di primissima sera giunse a un padule che aveva nome Scighi-tazzu-sava.1 Era un luogo quanto mai solitario e lontano dalle abitazioni degli uomini, senz’altro edifizio che un vecchio tabernacolo là da una parte, dove a ragione erano stati scolpiti i pochi versi che ispirò questo deserto al poeta Saighiô:

«La tristezza che a mio mal grado mi assale, so ben io d’onde viene. In questa solitudine di Scighi-tazzu-sava mi coglie in autunno il cader della sera.»

Proprio in quel momento, di rimpetto ai nuovi venuti, ma in

  1. È nel distretto Tò-ki della provincia Sagami.