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Capitalisti disposti ad impiegare il loro denaro nelle ferrovie allora non esistevano in Italia e perciò il Piemonte dedicò alle costruzioni ferroviarie il denaro dello Stato, a spese del quale sorsero le importantissime linee da Genova a Torino, quella da Torino ad Arona sul Lago Maggiore, ed altre di minor conto. Ma il progetto grandioso in cui rifulse il genio di Cavour fu quello del traforo del Cenisio, che doveva servire non soltanto a stabilire una diretta comunicazione ferroviaria colla Francia, ma anche a far acquistare credito all’estero al piccolo paese che aveva l’ardimento di assumer l’impresa e a tutto suo rischio.

Si trattava di un’opera di cui, fino a quel momento, nulla era stato tentato di simile; difficilissima dal lato tecnico e di costo eccezionale: la sua buona riuscita avrebbe dato all’Europa un’idea della potenza e dell’arditezza del piccolo paese e avrebbe giustificato le sue aspirazioni ad assumere le redini di tutta Italia.

Il poter disporre di ferrovie giovò molto al Piemonte nelle prime guerre dell’indipendenza e giovò altresì al suo sviluppo materiale. Dell’esempio da esso dato si profittò naturalmente non appena l’Italia fu riunita, e gl’inizi del nuovo regno coincidono con i più energici sforzi per aumentare la rete ferroviaria. Vedremo in un’altra lezione quale estensione abbiano preso le nostre strade ferrate e quali vantaggi morali ed economici ce ne siano derivati; frattanto ricordiamo che alle ferrovie andiamo pure debitori di un grande contributo al conseguimento della libertà e della unità del nostro paese.