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Molti nobili preferivano i loro equipaggi a cavallo, disdegnando di servirsi del treno per non accomunarsi agli altri viaggiatori e per sfuggire ai pericoli cui temevano di andare incontro. Fu solo nel 1843 che la Regina Vittoria d’Inghilterra osò tentare il suo primo viaggio in ferrovia.

Ma questi ostacoli non riuscirono a impedire il diffondersi delle strade ferrate. E, come abbiamo detto innanzi, fu Giorgio Stephenson uno di quelli che maggiormente si adoprò a tale scopo, avvalendosi dell’autorità che gli conferiva il successo delle sue invenzioni. Si racconta a tal proposito che, trovandosi egli ad insistere presso i Consiglieri di una Contea inglese per essere autorizzato ad impiantare una nuova ferrovia, dopo mille osservazioni d’ogni genere, uno dei presenti gli domandò a bruciapelo:

— Ma che cosa avverrà se la vostra locomotiva incontra sul binario una vacca?

— Sarà un disastro per la vacca — rispose pronto lo Stephenson, volendo così non soltanto dire che la presenza dell’animale sul binario non avrebbe danneggiato in alcun modo il treno, ma ammonire altresì i suoi interlocutori che chi frapponeva ostacolo al progresso lo avrebbe fatto sempre a suo danno.

La fama del successo delle ferrovie passò subito dall’Inghilterra sul continente europeo, trovando anche qui sostenitori entusiasti ed ostinati detrattori. In Germania s’imposero le più strane precauzioni, fino a prescrivere che la ferrovia fosse fiancheggiata da due altissime palizzate che la nascondessero ai passanti nelle campagne vicine, in modo che uomini ed animali non potessero essere spaventati dalla grande velocità dei treni. Tuttavia nel 1835 vi fu costruito un primo tronco ferroviario di pochi chilometri, che congiungeva la città di Norimberga ad un vicino villaggio.

In Francia il grande ministro Thiers dichiarò nettamente che non credeva nell’utilità della ferrovia