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96 | DEGLI ANNALI |
gli animi, stando ancor negli occhi fitta la strage o l’assedio de’ Romani eserciti, e ora, voltato carta, Tiridate andrebbe a farsi al mondo spettacolo, quanto meno che di schiavo?
XXX. Aggiunse Corbulone alla gloria, piacevolezza e conviti: e, domandogli il re le cagioni delie cose ch’ei vedea nuove; come venirgli a dire il centurione che entrava in sentinella, licenziar a suon di trombe il convito; e l’altare, fatto davanti al luogo degli Augurj, abbruciarsi da fiaccola messavi sotto; ogni cosa gli magnificava; e l’empiè di maraviglia degli antichi costumi. L’altro giorno chiese tempo, dovendo fer tanto viaggio, di riveder sua madre e fratelli: e lascia la figliuola per pègno, e una lettera umile a Nerone.
XXXI. Partissi, e trovò Pacoro in Media, e Vologese negii Ectatani impensierito di questo fratello; avendo per messaggi piegato Corbulone che non gli fusse fatto alcuna ombra di servile indegnità; non posasse giù l’arme; fosse da’ governanti le province abbracciato; non tenuto alle porte; in Roma, come i consoli riverìto, come quegli, che avvezzo all’orgoglio forestiero, non sapeva che noi teniamo conto della forza e non delle vanità dell’impero.
XXXII. Nel detto anno, Cesare fece latine le nazioni in su l’Alpi marittime: e che nel cerchio ì cavalieri sedessero dinanzi alla plebe; che prima si mescolavano; non avendo la legge Roccia provveduto se non a’ quattordici gradi. Fecesi ancora lo spettacolo delli accoltellanti magnifico come i passati, se molte gentildonne e senatori non si fussero vergognati d’imbrattarsi in qùetla pugna.
XXXIII. Nel consolato di C. Lecanio e M. Licinio,