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94 | DEGLI ANNALI |
battere, essendo i migliori perduti e gli altri spauriti; e ne trasse e condusse in Armenia e la sesta e la terza, tutte intere e in molti e prosperi travagli esercitate. Aggiunsevi la quinta, stata in Ponto fuori delle rovine; e la, quindicesima venuta ultimamente, le compagnie di quanti cavalli e fanti scelti, erano in Egitto e Illiria, e gli aiuti dei Re. La massa fece a Melitene, ove voleva passar l’Eufrate. Allora fatta l’usata rassegna di tutto l’esercito, gli parlò, magnìficando primieramente l’esser sotto Imperadore; poi le cose che aveva fatte egli, e tacque l’infelice ignoranza di Peto; con molta autorità, che a lui soldato valeva per eloquenza.
XXVII. Poi prese il cammino cha già fece L. Lucullo, aprendo i passi che l’antichitade avea chiusi: Nè dispregiò gli ambasciadori venuti da Tiridate e Vologese, a trattar della pace: e rimandolli con suoi Centurioni con risposta non aspra: „Non occorre, per ancora venire all’ultima battaglia: molte cose prospere avere i Romani avute, alcune i Parti; però non doversi insuperbire e farsi per Tiridate il ricevere in Roma il regno non guasto; e Vologese farebbe il meglio per li Parti a conservare la pace coi Romani, che danneggiarsi; sapere quante discordini egli ha in casa; e che nazioni regge superbe e bestiali; là dove il suo imperadore ha pace ferma per tutto, e sol questa guerra.„ Al consiglio aggiunse il terrore; e caccia di casa i Megestani, stati i primi Armeni a ribellarcisi; loro Fortezze spianta; piano e monti, fòrti e deboli di pari spaventa.
XXVIII. Era il nome di Corbulone ancora anzi grato a’ Barbari che odioso, però credevano al suo consiglio. Nè Vologese fu sì duro alla pace generale;