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LIBRO DECIMOSESTO 85

Vologese veniva, e minaccioso, chiama la dodicesima; ma questa, che egli voleva che desse nome che l’esercito fosse ingrossato, lo scoperse scemato; e così poteva in campo difendersi, e con allungar la guerra beffar il Parto se Peto avesse avuto fermezza ne’suoi e altrui consigli. Ma quando i soldati pratichi l’avvertivano ne’ casi urgenti, per non parer d’averne uopo, faceva il rovescio e male. E allora nel fuor del campo gridando, non essergli dato fosso, nè palancato, ma uomini e armi per combattere il nimico; e ordinò le genti quasi a giornata; poscia perduto un Centurione con pochi soldati, mandati a riconoscer l’oste nimica, tornò dentro impaurito; e perchè Vologese non veniva così ardente, ripreso vano attimo, mise nel monte Tauro vicino tremila fanti scelti per torgli il passo: i Pannoni, nerbo della cavalleria, giù nel piano, e in Arsomosata castello la moglie e’l figliuolo, guardati da una coorte. Così sparpagliò le forze, che unite avrien sostenuto meglio il nimico scorrazante. Dicon che, tirato con gli argani, lo confessò a Corbulone, che gli era addosso; il quale non sollecitò, perchè fosse (cresciuti i pericoli) il soccorso più glorioso.: avviò delle tre legioni fanti mille per una, e cavalli ottocento, e delle coorti altrettanti.

XI. Vologese, benchè avvisato de’ passi presi da Peto, di qua co’ fanti, di là co’ cavalli, seguitò innanzi, e fugò i cavalli, disfece i legionari; sì che solo Tarquinio Crescente Centurione ardì difendersi nella torre commessagli: spesso uscì fuori, e uccise i Barbari che s’accostavano, sino a che rimase in mezzo a molti fuochi lanciatigli: fuggironsi i pedoni: se alcuno sano scampò, fuor di strade e disco-