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LIBRO DECIMOSESTO 81

non poco si lamentava, il premeva: Non si reggere i grandi Stati con lo starsi a man giunte; doversi cimentar l’armi e gli uomini. La ragion dello Stato star nella forza; mantener il suo esser cosa da privato; laude regia, l’assaltar l’altrui.„

II. Vologese adunque per tanti stimoli chiamò suo consiglio, e con Tiridate accanto così cominciò: „Questo mio fratello, che per l’età mi cedette, investii dell’Armenia, che è il terzo grado del nostro regno; e avendo Pacoro già presi i Medi, mi pareva aver bene, e senza l’usato odio e combattere dei fratelli, acconce le cose nostre. Non se ne contentano, i Romani; e tornano a turbarci la pace, non mai turbata senza lor guai. Voleva io (nol niego) mantener gli acquisti de’ nostri antichi con la ragione, non col sangue. Se io ho peccato con dimora l’ammenderò con Virtù. Le forze e gloria vostra, non sono scemate, e di più avete ora fama dì modestia, che ne’più grandi uomini più riluce, e agl’Iddii è più cara.„ Così detto, in capo a Tiridate cinse la diadema; e a Monese, uomo nobile, accomandò i cavalleggieri, solita guardìa del Re, rinforzata d’aiuti Adiabeni; con ordine, di cacciar Tigrane d’Armenia; intanto e’ s’accorderebbe con gl’Ircani, e assalirebbe con forze più vive, e con tutta la guerra le province romane.

III. Alla certezza di tali avvisi, Corbulone soccorse Tigrane di due legioni, sotto Verulano Severo e Vezio Bolano, con ordine segreto di fare ogni còsa consideratansente, anzi che presto; volendo più tosto sostener la guerra che farla. A Cesare scrisse, che l’Armenia voleva esser guardata da proprio capitano; la Sorìa da Vologese portare maggior pericolo. Mette