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LIBRO DECIMOQUARTO | 77 |
dei riguardanti. Ricordavano alcuni che Tiberio cacciò Agrippina, e Claudio Giulia più frescamente; ma eran donne fatte; avevano avuto dell’allegrezze: il ricordarsi del tempo felice, nella miseria le consolava. A costei il primo dì delle nozze fu di mortorio: entrò in casa lagrimante per lo padre, e tosto per lo fratello, avvelenati: vi poteva più la serva che la padrona: nè per altro che per lei spegnere, fu Poppea sposata; e per ultimo appostole fallo più grave che mille morti.
LXIV. Tenera di vent’anni, messa tra Centurioni e soldati, per certezza di suo male tolta già di vita, non si riposava però nella morte: della quale pochi giorni dopo ebbe il comandamento, benchè dicesse esser vedova e solamente sorella; e invocasse il nome comune di Germanico e poi di Agrippina, che mentre visse, ben fu malmaritata, ma non uccisa. Fu strettamente legata, e segatole le vene: e non uscendo il sangue ghiacciato per la paura, messa in bagno caldissimo spirò; ed essendo a Roma portato il teschio, Poppea, per giunta d’atrocità, lo volle vedere. A’ tempj furon ordinate offerte per tal successo. Dicolo, perchè chi leggerà i casi di que’ tempi scritti da me o da altri, sia certo che per ogni cacciata o morte che il principe comandava, si correva a ringraziare gl’Iddii; e quelli che solevano esser segni di felicità, erano di miseria pubblica. Nè anco tacerò, quando il senato avrà fatti ordini per adulazione novissima o servitù abbiettissima.
LXV. In questo anno si crede che egli facesse morire di veleno due liberti suoi principalissimi, Doriforo, quasi avesse contrariato le nozze di Poppea, e Pallante, perchè col troppo vivere lo teneva del suo te-