Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/76

76 DEGLI ANNALI

per lo meglio, questa sua padrona allegramente, e non per forza, o pènsasse d’assicurarsene con gastigarla da dovero. Quel poco aver posato il primo romore; ma vedendosi Ottàvia non dover esser moglie, di Nerone, le saria ben trovato un marito.„

LXII. Nerone per tali parole diverse, da metter paura e ira, atterrì e s’accese. Ma l’indizio non era verisimile con uno schiavo; e i tormenti delle damigelle l’avean purgato. Parve adunque da trovar uno che lo confessasse, e appicarlesi un altro ferro di cercata novità. Non ci era meglio che Aniceto, che ammazzò la madre, Prefetto, come dissi dell’armata di Miseno; e dopo il fatto cadde in disgrazia: indi in grave odio; perchè la faccia de’ ministri de’ peccati brutti si li impvovera. Chiamatolo adunque Cesare, gli ricorda il primo servigio; averlo egli solo scampato dall’insidiatrice madre; poternegli fare un altro, non minore, di levargli dinanzi l’odiata moglie. Nè averci uopo di mani o armi; confessar d’averla goduta: promettegli premj segreti allora, ma grandi poi e ville amene: negandogli, l’ucciderebbe. Chiama suoi amici, quasi a consiglio; fallo esaminare: egli, sciagurato per natura, e già dirotto nel mal fare, agevolmente confessò, oltre alle dimandate, cose non mai sognate; onde ebbe confino in Sardigna, sopportollo non povero e morivvisi.

LXIII. Nerone bandì che Ottavia corruppe il Prefetto per aver l’armata dal suo, e mandato via i parti, sapendo eran bastardi (dimenticatosi che poco prima la cacciò per isterile); e che tutto aveva toccato con mano. Però la confinava nella Palmarola. Non andò mai alcuna in esiglio con tanto cordoglio