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72 | DEGLI ANNALI |
l'Imperio; se già tu non tenessi da meno te di Vitellio, che fu tre volte consolo o me di Claudio; ma io non potrei tanto donarti, quanto ha con in lungo risparmio avanzato: Volusio. Anzi se io talora sdrucciolo, come giovane, tu mi reggi e rattieni. Non si dirà che tu mi abbi renduto la roba, per tua moderanza, nè lanciatomi per tua quiete, ma ognuno la darà alla mia avarizia, alla paura della mia crudeltà. E quando tu mi avessi gran lode di continente, non sarebbe da savio fare coll’infamia dell’amico sè glorioso. E qui l’abbracciò e baciò, come nato e usato a coprir l’odio con false carezze. Seneca (conclusion solita dei ragionamenti co’ principi) lo ringraziò; e riformò sua grandezza: levossi le visite, l’accompagnature per la città: usciva poco di casa sotto spezie di malsania o di filosofare.
LVII. Battuto Seneca, poco ci volle ad abbassare Fenio Ruffo, apponendoli l’amicizia di Agrippina. E Tigellino cresceva ogni dì; il quale pensando che le malvagità, per le quali sole era potente, insieme a Nerone più grato, intingendovi anche lui; fantasticò chi gli fusse più di tutti sospetto; e trovò che Silla e Plauto eran dessi, scacciati dianzi, Plauto in Asia, Silla in Proenza. Ricordò quanto erano nobili e vicini alli eserciti, questi d’Oriente, quegli di Germania: „Non tenere essò, come Burro, il piede in più staffe, ma l’occhio alla salute di Neron solo; il quale con la presenza forse poter difendersi dai trattati della città; ma come opprimere i movimenti lontani? A nome di Silla dettatore, aver alzato il capo le Gallie; nè meno sospetti essere i popoli d’Asia, per lo chiarore di Druso, avolo di Plauto. Essere quelli mendico, però arrisicato; e fare il dap-