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LIBRO DECIMOQUARTO | 71 |
me bisogna sollevare. Si come io, strucco in guerra o viaggio, chiederei aiuto, così in questo cammino della vita trovandomi vecchio, alle cure: ancor leggerissime debole, e sotto il fascio delle mie ricchezze cascante, ti prego che me ne scarìchi e le consegni a’ agenti tuoi come facoltà tua. Non dico di voler mendicare; ma, dati via gli splendori che mi nuocono, quel tempo che si perde nella cura de’ giardini e delle ville darò tutto all’animo. Tu se’ nel sommo vigore: assodato per tanti anni nei governare, noi vecchi amici chiediamo riposo; tu avrai quest’altra gloria, d’aver alzato al sommo quelli che si contentano del moderato.„
LV. A queste cose Nerone quasi così rispose. „Al tuo pensato parlare risponderò improvviso, la tua mercè, che insegnato mi bai l’uno e l’altro; L’arcavolo mio Augusto concedette ad Agrippa e Mecenate riposo dalle fatiche, ma in età che l’autorità sua difendeva questo e tutto ciò, che avesse lor conceduto; e non tolse loro i guiderdoni meritati nella guerra e ne’ pericoli, in che da giovane s’impiegò sempre; nè tu avresti tenuto la spada nel fodero se io fossi stato ìn arme. Ma tu hai, secondo i tempi, con la ragione, consigli e precetti, tirato su la mia fanciullezza e poi la gioventù: questi beneficj tuoi a me dureranno mentre avrò vita: orti, censi e ville, che da me hai, son sottoposti a mille casi; e, quantunque gran doni paiano, molti, che non vogliono quel che tu, ne hanno ottenuti de’ maggiori. Arrosso a nominare que’ liberti che si veggono tanto più ricchi, e che tu da me lo più amato, non sii lo più esaltato„.
LVI. „Ma tu sei di buona età da mantenere a godere lo stato tuo: e io entro ne’ primi arringhi del-