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70 DEGLI ANNALI

lo; è giovane fatto: lasci il pedagogo: quai maestri migliori che i maggiori suoi?„

LIII. Seneca, che risapeva ogni cosa da quelli che pare avevan qualche zelo del bene, e scantonandolo Cesare ogni di più, gli chiede udienza; e avutàla, cominciò: „Quattordici anni sono, o Cesare, che io fui eletto a indirizzare il gran presagio che tu davi di te: otto, che tu se’ Imperadore: nel qual tempo mi hai ammassati tanti onori e tesori, che alla mia felicità non manca che moderarla. Allegherotti uomini grandi, pari tuoi, non miei: Augusto tuo arcavolo concedè a M. Agrippa il ritirarsi a Mellino; a C. Mecenate lo starsi come forestiero nella città: l’uno compagno nelle guerre, e l’altro affaticatissimo in Roma, avevano avuto di lor gran meriti ampie mercedi; ma io, per tanta liberalità, che ho potuto dare a te altro che studi, per così dire, nutricati all’ombra? i quali mi hanno dato splendore d’aver ammaestrato la tua giovanezza; il che vale assai; ma tu me n’hai renduti favori dismisurati, ricchezza infinita; onde io spesso mi considero, e dico: Io, nato semplice cavaliere, fuor d’Italia, son fatto uno dei primi di Roma! risplendo tra i nobili e pregiati di antichi onori, io nuovo! Dove è quell’animo, già contento del poco, e ora vuole sì bei giardini? vassene per sì comode ville: tanti terreni ha, tanti danari a guadagno? Non risponderò altro, se non che: Io non doveva resistere alle tue liberalità„.

LIV. „Ma ciascun di noi ha colmo il sacco; tu di dare quanto può principe a un amico; io di ricevere quanto può amico da principe. Il soverchio accresce l’invidia, la quale, come tutte le cose mortali, alla tua grandezza sta sotto, e me infragne;