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68 DEGLI ANNALI

deli, né i tempi infami. Meglio è, toltogli i beni, confinarlo in un’isola ove la vita a lui proprio fu misera, e al pubblico, esempio grandissimo di demenza„.

XLIX. La libertà di Trasea ruppe il silenzio degli altri, e andarono nel suo parere, di licenza del Consolo; salvo, alcuni pochi, tra i quali A. Vitellio, prontissimo all'adulare, mordace di parole contra i migliori; e a chi mostrava il dente, mutolo come i codardi usano. Ma i Consoli non attentati di fare il decreto del senato, scrissero il suo parere a Cesare, il quale, stato alquanto tra la modestia e l'ira, finalmente rescrisse: „Antistio niente provocato aver di lui mordacemente sparlato: esserne stato a’ Padri domandato il gastigo, e richiederlo delitto sì grave; ma egli, che non avrebbe conceduto il rigore, non vietava la moderanza: rimettevala in loro, e l'assolverlo ancora„. Veduto per tale rescritto lo sdegno manifesto; nè i consoli proposero altramente, né Trasea si rimutò, per la solita fermezza d’animo, e per non ci metter di reputazione: nè gli altri che l'aveano seguitato, si voltarono, chi per non parere di rendere odioso il principe, e i più assicurati dal numero.

L. Per simile peccato ebbe travaglio Fabrizio Veientone, che compose certi libri, intitolati Codicilli, pieni di vituperj de’ sacerdoti e de’ Padri. E più, diceva Talio Gemino accusatore, che egli aveva rendute le grazie del principe e i magistrati. Perciò Nerone prese la causa: ed essendo Veiéntone convinto, il cacciò d’Italia, e comandò che s’ardessero i libri; raccolti e letti mentre si facea con pericolo; licenza poi del tenerli li fece sprezzare.