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LIBRO DECIMOQUARTO 65

volevano rimutare; tra i quali C. Cassio per sua sentenza disse:

XLIII. „Molte volte mi son trovato, Padri Coscritti, a sentir chieder in questo senato leggi e ordinanze nuove contro all’antiche, e non ho contraddetto; non per dubitanza, che già non fusse a tutte le cose provveduto meglio e più rettamente, da non potersi, ritoccandole, se non peggiorare, ma per non parere d’innalzare con troppo amore questa mia antichità, e anche, per non mi giocare, contraddicendoci ogni dì, quella autorità che abbiamo, ma risparmiarla per servigio della repubblica se mai bisognasse; come oggi, che sì prode uomo consolare è stato in casa sua assassinato da uno schiavo, lasciato fare, non iscoperto: e non è però ancora stracciato il decreto, che tutta la famiglia n’abbia il supplizio. Assolvetela pure; ma chi fia unque difeso da sua dignità se non ci basta l’esser prefetto? Qual numero di schiavi da tanto, se quattrocento non hanno difeso Pedanio Secondo? Cui aiuterà la famiglia, se ora che importa a lei altresì, se ne sta? Essi forse l’ucciditore vendicato (come alcuni hanno faccia di fingere) del non avergli attenuta il padrone la libertà mercatata, qualche gran tesoro paterno, o toltogli uno schiavo de’ suoi antichi? Giudichiamo adunque che ei l’abbia ucciso con ragione.

XLIV. „Consideriamo ora le cagioni perchè i più saggi così determinarono. Ma se noi al presente sopra questo caso avessimo a deliberare per la prima volta, erederemo uno schiavo avere ardito ammazzar il padrone, senza averne sputato prima qualche bottone o minaccia o parola non saggia? Oh e’ non si volle scoprire, nascose l’arme; come poteo egli passar le