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64 | DEGLI ANNALI |
mizio Balbo, stato Pretore, molto vecchio, senza figliuoli, e danaroso, e però soggetto a insidie. Valerio Fabiano suo parente destinato alli onori, gli falsificò un testamento, e chiamò Vicio Rufino e Terenzio Lentino, cavalieri romani, i quali chiamarono Antonio Primo, e Asinio Marcello; quegli ardito e sfacciato; questi illustre per Asinio Pollione suo bisavolo, e di non mali, costumi; se non che l’esser povero stimava il maggiore di tutti i mali. Da questi e altri di minor conto, Fabiano fece suggellare il testamento, e funne convinto in senato; e dannati, Fabiano, Antonio, Rufino, e Terenzio, nella legge Cornelia; Marcello per la memoria de’ suoi maggiori e preghi di Cesare, fu liberato più dalla pena che dall’infamia
XLI. E Pompeo Eliano, giovane stato Questore, quel giorno non andò netto; ma come consapevole, fu cacciato d’Italia e di Spagna, ove nacque. Pari vergogna ebbe Valerio Pontico, che per fuggire il giudizio del Prefetto di Roma, avea acculato i rei al Pretore, affinchè scampasser la pena, ora sotto colore delle leggi, ’poi per collusione. E nacque decreto, che ogni operatore di simile baratteria s’intendesse condannato nella pena delle false accuse.
XLII. Indi a poco uno schiavo di Pediano Secondo, Prefetto di Roma, Tammaro, perchè gli negava la libertà mercatata, o non poteo patirlo rivale nell’amore d’un giovane. Ora dovendoci per antica Costume far morire tutta la famiglia che sotto quel tetto abitava, la plebe corse a difender tanti innocenti, e fece sollevamento; e nel senato stesso ad alcuni non piaceva tanta severità; ma i più niente