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60 | DEGLI ANNALI |
tirato fosso, nè steccato, non mandato fuori i disutili, e ritenuta sola la gioventù, non pensato a nulla, come fossono nella pace a gola, moltitudine di Barbari gli circondò: e tutto a furia rubò, àrse e assediò, e in due di prese il tempio, ove s’eràn ristretti; affrontò vittoriosa Petillo Ceriale, Legato della legion nona, che veniva al soccorso; ruppe quella legione, e i pedoni ammazzò. Ceriale co’ cavalli si salvò e difese nel campo; Cato procuratore, impaurito di questa rotta e dal malissimo talento della provincia, messa in guerra per sua avarizia, si fuggìo in Gallia.
XXXIII. Ma Svetonio con maravigliosa fermezza per mezzo i nimici passò a Londra, colonia non grande, ma grassa, e di gran traffico mercantile, pensando, se era bene piantar quivi la sede della guerra. Considerato i suoi pochi soldati, la gran rotta, la temerità di Petilio, pur troppo costare, deliberò col danno d’una terra salvàre il tutto; e senza udir prego nè pianto, dette il segno del partire, menando seco chi volle andare; le donne, i vecchi o gli amadori del luogo rimasivi, furon oppressi dal nimico. La rovina medesima patì la città di Verulamio; perchè i Barbari usciti de’ castelli e Fortezze gùardate, ciò che trovano di buono e mal difeso, lieti rapiscono e portano in salvo. Da settantamila cittadini e collegati morirono ne’ detti luoghi; perchè quivi non si trattava di prigioni o vendite o altro traffico soldatesco: ferro, fuoco, pali, croce, che aspettavan da noi, si studiavano renderci quasi per anticipata vendetta.
XXXIV. A Svetonio, avendo già in arme la legione quattordicesima co’ vessillari della ventesima, e