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LIBRO DECIMOQUARTO | 55 |
Antistia e poca famiglia. In que’ giorni la troppa dolizia portò biasimo e pericolo a Nerone. Essendosi bagnato nella fonte dell’Acqua Marzia condotta in Roma, parve col notarvi e lavarsi tutto ’l corpo, aver contaminato lo sagro beveraggio e la religione del luogo; e confermollo una malattia di pericolo ch’ei ne cavò.
XXIII. Corbulone, spiantata Artassata, si voltò a pigliare con lo spavento fresco Tigranocerta, per più impaurire i nimici, disfacendola; o perdonandole, nome acquistar di clemente; andarvi, senza farle l’esercito danno alcuno, per non torre la speranza del perdono: stando però in su le sue, sapendo la voltabil gente che ell’è; a’ pericoli tarda; vedendo il bello traditora. I Barbari, secondo le nature, o si arresero o dileguarono, o nascosero in caverne con loro cose più care; co’ primi fu Corbulone benigno; contro i secondi veloce; con gli altri crudele; con fascine e stipa gli turò e arse là entro. Passando da’ confini loro, i Mardi, usati a rubare, e salvarsi ne’ monti quando son rincacciati, Corbulone mandò a sconfiggerli; e col sangue forestiero vendicò lo nimico ardimento.
XXIV. Niuno danno pativa egli, nè l’esercito per battaglie, ma per carestia e fatiche; sfamandosi di carne di pecore; carestia d’acqua, state ardente, viaggi lunghi; cònsolavali la sola tolleranza del capitano, maggiore che di qualunque fantaccino. Vennesi in paese dimestico, e si mietè delle biade. Dei due castelli, ove s’eran rifuggiti gli Armeni, l’uno al primo assalto, l’altro che ’l sostenne, s’ebbe per assedio. Quindi passò ne’ Tauranti, ove corse pericolo non aspettato da un Barbaro non ignobile, tro-