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52 | DEGLI ANNALI |
XVII. In questo tempo, di picciola contesa tra i Nocerini e ì Pompeani uscì molto sangue nella festa degli accoltellanti, che faceva Livineio Regolo, raso, come dissi, del senato; imperocchè dalle insolenze castellane vennero alle villanie, a’ sassi, all’armi: e vinse la plebe pompeiana, che aveva la festa in casa. Molti Nocerini furon portati in Roma, feriti o storpiati, o morti, e pianti da lor padri e figliuoli. Il principe rimise la causa al senato, esso ai Consoli, e ritornò a’ Padri; i quali vietarono a’ Pompeani tal festa per dieci anni: disfecero lor compagnie fatte fuor di legge, e sbandirono Livineio e gli altri primi rissanti.
XVIII. Fu raso del senato ambe Pledio Bleso, accusato da’ Cirenesi d’aver imbolato il tesoro d’Esculapio, guasta la scelta de’ soldati per danari e favori. Essi Cirenesi ancora accusavano Acillo Strabone, stato Pretore, mandato da Claudio a giudicare dei terreni stati ab antico del Re Apione, che gli lasciò insieme col regno al popol romano, come usurpati da’ vicini, che difendevano l’iniquità col possesso lungo. Ei gli condannò a renderli; e quindi fu l’odio. Il senato disse che non sapeva che commessione gli avesse Claudio data; ricorressero al piùncipe; il quale confermò la sentenza di Strabone; ma per sovvenire gli amici, ne fece lor grazia.
XIX. Morirono due cittadini chiari e potenti per sommi onori e molta eloquenza; Domizio Afro, fazioso avvocato, e M. Servilio, prima avvocato, poi scrittor nobile di storie romane. Questi pari d’ingegno, di costumi diverso, con vivere splendido si fe’ più chiaro.
XX. Nel consolato quarto di Nerone, e di Cornelio Cosso, ordinossi in Roma la festa cinquannale